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Saturday, April 12, 2008

I vescovi di Gerusalemme provenienti “dalla gentilità”, ed in particolare Narciso

Libro V, Cap. 12: Narciso, quindicesimo tra i vescovi di Gerusalemme “dalla gentilità”
[1] In questo tempo nella Chiesa di Gerusalemme si segnalò il vescovo Narciso, il cui nome ha conservato larga risonanza. Egli fu il decimoquinto nella successione episcopale, dopo l'assedio che subirono i Giudei da parte di Adriano. Da quel momento, l'ho già notato, la Chiesa di Gerusalemme, prima formata da circoncisi, venne ad essere costituita da etnico-cristiani; e ne fu primo vescovo Marco, di provenienza etnico-cristiana.
[2] A Marco, come appare dalle liste dei vescovi di Gerusalemme, successe Cassiano, poi Publio, Massimo, Giuliano, Gaio I, Simmaco, Gaio II, poi un altro Giuliano; seguirono Capitone, Valente, Dulichiano, ed infine Narciso, trentesimo nella scala della successione a contare dagli Apostoli.
[7] A Severo, che aveva tenuto lo scettro imperiale per diciotto anni, successe suo figlio Antonino. In quel tempo fra coloro che nella persecuzione si erano comportati da prodi e che, nonostante le lotte sostenute per la confessione della fede, dalla divina Provvidenza erano stati conservati in vita, c'era un certo Alessandro, di cui abbiamo detto testè ch'era vescovo della Chiesa di Gerusalemme. Egli nel confessare la fede si era talmente distinto che fu stimato degno di occupar quella sede vescovile, pur essendo ancora tra i vivi Narciso, suo predecessore.

Libro VI, Cap. 9: Miracoli di Narciso
[1] I fedeli di quella Chiesa ricordano parecchi miracoli di Narciso, la cui notizia è pervenuta di generazione in generazione attraverso la tradizione dei fratelli. Tra gli altri narrano anche il seguente prodigio da lui compiuto.
[2] Una volta durante la grande vigilia di preparazione alla Pasqua - così si racconta - era venuto a mancare l'olio ai ministri e per questo tutta la moltitudine era in preda a penosa inquietudine. Narciso ingiunse allora a quelli che apparecchiavano le lucerne che attingessero acqua [da un pozzo] e che gliela portassero.
[3] L'ordine fu subito eseguito: egli pregò sull'acqua e, animato da una fede veramente sincera nel Signore, comandò che la si versasse nelle lucerne. Anche questo fu fatto, e contro ogni legge, per divina e stupenda virtù la natura dell'acqua si convertì nella pinguedine dell'olio. Per lungo tempo da allora e persino ai dì nostri, molti dei fratelli di quel luogo conservarono un po' di quest'olio in ricordo del miracolo.
[4] Della vita di quest'uomo si riferiscono altri fatti ancora degni di memoria, tra i quali uno che era espongo. Certi individui malvagi, mal potendo sopportare la sua dirittura di vita e la sua fermezza, per tema che, còlti, non avessero a pagare il fio delle numerose iniquità, di cui erano consapevoli, preventivamente gli tesero un'insidia e gli mossero un'orrenda calunnia.
[5] Per meglio conciliarsi la fede degli ascoltatori confermarono con giuramenti le accuse: uno s'imprecò la morte per fuoco, l'altro la consumazione del suo corpo per morbo esiziale e il terzo la perdita degli occhi. Tuttavia, nonostante i giuramenti, nessuno dei fedeli volle credere ad essi, perché la purezza di Narciso sotto ogni aspetto illibata e la sua condotta tutta adorna di virtù risplendevano agli occhi di tutti.
[6] Ma il vescovo, non reggendo a quelle infamanti tacce e d'altronde già da lungo desideroso di darsi alla vita filosofica [ascetica]. abbandonò la sua gente e la sua Chiesa; e per parecchi anni visse nei deserti e nei luoghi sconosciuti.
[7] Ma il grande occhio della giustizia non rimase, no, indifferente e chiuso su quanto si era commesso. Ben presto gli empi precipitarono in quei mali che, spergiurando, si erano imprecati sul loro capo. Al primo, di notte, una piccola scintilla, senza che apparisse nessuna causa, inopinatamente cadde sulla casa, dove dimorava, bruciò questa totalmente, ed egli' con la sua famiglia vi perì tra le fiamme. Il secondo fu devastato dalle piante dei piedi alla testa dal morbo, che si era chiamato addosso.
[8] Il terzo al vedere i casi succeduti ai primi, paventando l'ineluttabile vendetta di Dio onniveggente, confessò davanti a tutti gl'iniqui disegni da loro concertati e nel suo pentimento si consumò in tanto dolore di gemiti, effuse senza interruzione tanto pianto che da entrambi gli occhi perdette la vista. Queste furono le pene che essi scontarono a castigo delle loro calunnie.
Cap. 10: Fuggito Narciso, ed essendo assolutamente ignoto il luogo dove si trovasse, sembrò opportuno ai capi delle Chiese vicine di imporre le mani ad altra persona per la consacrazione episcopale. Il prescelto portava il nome di Dios; governò breve tempo e successe a lui Germanione, al quale poi tenne dietro Gordio. Sotto quest'ultimo ecco riapparire come redivivo Narciso. I fratelli lo pregarono di rioccupare il seggio episcopale, avendo tutti verso di lui la più alta ammirazione per il suo nascondimento, per la sua vita filosofica e specialmente per il fatto che Iddio s'era degnato di farsi suo vindice.

Libro VI, Cap. 11: Il vescovo Alessandro di Cappadocia
[1] Ma non potendo Narciso per la sua tarda vecchiaia disimpegnare il suo ministero, la divina Provvidenza, per mezzo di una rivelazione in una visione notturna, chiamò a condividere con lui le cure del pontificato il summentovato Alessandro, ch'era vescovo di un'altra Chiesa.
[2] Ammonito dunque da questa visione, come da un oracolo, egli intraprese il viaggio dalla Cappadocia, dove prima era stato elevato alla dignità episcopale, alla volta di Gerusalemme per pregare e visitare i luoghi santi. Gli abitanti di là lo accolsero con ogni cortesia e non gli permisero di ritornare al suo paese. Era succeduta un 'altra rivelazione che essi avevano percepito nel riposo notturno: una voce, bene avyertita dai più virtuosi, aveva intimato di uscire dalle porte e di accogliere il vescovo che Dio a loro destinava. Essi fecero così e, di comune accordo coi vescovi che governavano le Chiese vicine, costrinsero per forza Alessandro a rimanervi.
[3] Alessandro stesso nelle Lettere agli Antinoiti conservateci tuttora, ricorda questa circostanza, vale a dire che Narciso condivide l'episcopato con lui; infatti alla fine della sua epistola scrive testualmente cosl:
«Vi saluta Narciso, che prima di me tenne la sede episcopale di qui ed ora mi coadiuva con le sue preghiere - ha cento e sedici anni - e vi esorta come me alla concordia ».

Libro VI, Cap. 20: Una delle fonti di Eusebio: la “biblioteca” di Èlia
[1] In quest'epoca fiorirono molti ecclesiastici cospicui per sapere. Le lettere, che si scambiarono, ci sono tuttora conservate e sono facili ad essere compulsate: esse sono state custodite sino a noi nella Biblioteca di Elia [Gerusalemme] costituita per iniziativa di Alessandro, che allora reggeva quella Chiesa. È di là che ho potuto raccogliere il materiale storico per la trattazione, a cui ho messo mano.

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