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Wednesday, January 14, 2009

Testimonium Flavianum (AJ XVIII, 63-64)

Paragone di alcuni testi evidenziati a colore
(fare clic sulle immagini per ingrandirle).




"Ora, ci fu verso questo tempo Gesù, uomo sapiente, seppure bisogna chiamarlo uomo: infatti faceva (era operatore di) opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità. E attirò a sé molti Giudei, e anche molti dei Greci. Costui era il Cristo.
E avendo Pilato, per denunzia degli uomini principali fra noi, punito lui di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti comparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già detto i divini profeti riguardo a lui. E ancora adesso non è venuta meno la razza di quelli che, da costui sono chiamati cristiani
"
(G. Ricciotti, La Guerra Giudaica, SEI 1963, 154-165. Il testimonium Flavianum.

Miracoli, insegnamento, croce, apparizioni, cose predette dai profeti… un testo così cristiano da insospettire i critici, diversi dei quali lo ritengono una interpolazione posteriore, almeno in parte.

Ma forse non è necessario arricciare tanto il naso.

Il termine Χριστός lo si trova una seconda volta in Giuseppe AJ VIII, 137 in riferimento a un muro coperto di intonaco. Il verbo χρίω è usato con il senso di dipingere, mettere l'intonaco, ungere - normalmente usato per l'unzione regale.
Non c'è nessun passo in cui il termine si trova col sostantivo Unto nel senso di Messia.
Qui perciò può avere solo il senso di un nome proprio del fondatore dei Cristiani. Giuseppe vuole spiegare da dove sono originati i cristiani che a Roma sono presenti al momento della redazione del paragrafo. Gesù detto il Cristo è stato crocifisso da Pilato ed è da lui che i cristiani portano il loro nome. Molto simile a ciò che scrisse Tacito negli Annali XV, 44: "Nerone inventò i colpevoli...quelli che il popolo chiamava Cristiani...Il loro nome veniva da Cristo che sotto il regno di Tiberio era stato condannato al supplizio per ordine del procuratore Ponzio Pilato..."
Da cui si deduce che Tacito abbia desunto la notizia da Giuseppe la cui opera era nota a Roma come lo era l'autore. Scrive Svetonio scrivendo di Vespasiano VI,6: "Uno dei prigionieri più nobili chiamato Giuseppe incarcerato gli affermò costantemente che in breve sarebbe stato liberato da lui (divenuto) imperatore".
Eusebio scrive di Giuseppe in HE III, 9,2 elogiativamente: "che fu di gran lunga il più celebre dei Giudei del suo tempo… lo riconoscono non solo i suoi connazionali ma gli stessi romani che a Roma gli eressero una statua e ne stimarono i libri degni delle biblioteche".

"se bisogna chiamarlo uomo"
Nel Contra Apionem I, 232 e 236 di un indovino egiziano Amenofis si scrive che era "un uomo saggio e profetico che sembrava aver partecipato a una natura divina per la sua saggezza e la sua prescienza".
- Giuseppe chiama "divino" ciò che oltrepassa la misura comune
Mosè: "gli egiziani stimano che questo uomo è ammirevole e divino (Contra Apionem I, 279)
- Samuele: appare simile a Dio AJ VI, 33
- Salomone: ha una intelligenza divina AJ VIII, 34; gode di una saggezza divina per tutte le cose, specialmente per provvedere il suo paese di strade" AJ VIII, 187
- Isaia: era riconosciuto da tutti come divino e meravigliosamente veritiero AJ X, 35
- Daniele: acquista presso gli uomini "la confidenza nella sua verità e una reputazione di divinità AJ X, 268. doxan theiotetos

Con l'espressione Giuseppe ha voluto sottolineare l'impressione che Gesù aveva fatto sui suoi contemporanei.

Visto in questa luce, Giuseppe nel testimonium appare come un testimone con qualche simpatia nei riguardi di Gesù e del Battista dei quali parla a proposito di Erode Antipa e di Pilato anche senza supporre una relazione tra di loro, mentre nella tradizione cristiana i due sono strettamente uniti.
(Testo elaborato da eugenio su appunti di M. Piccirillo)

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